Se si pensa a un’Assemblea di Zona subito si immaginano la Messa insieme, un grande luogo dove incontrarsi, chiacchierare con capi di altre comunità capi, vivere una giornata di formazione, confronto e condivisione, sentirsi uniti e sostenersi lungo la stessa strada.
Per la terza Assemblea di Zona ai tempi del coronavirus, per di più in zona mutevole e alla fine rossa, ci si aspettava l’ennesima riunione su Zoom, dove, di fatto, è difficile coltivare lo spirito di condivisione e si fatica a sentirsi protagonisti.
Il Consiglio di Zona stava da tempo lavorando ad una alternativa: una Dis-Assemblea, Assemblea a Distanza, lontani, ma vicini e insieme. Il progetto iniziale ha subito vari cambiamenti in seguito alle diverse restrizioni legate alla situazione, ma lo spirito di fondo è stato quello di provare a STARE in questo tempo, nelle condizioni che la realtà ci dà, consapevoli che in ogni situazione c’è almeno il 5% di buono.
E così, dopo un momento in plenaria su Zoom con un lancio breve e movimentato e un momento di democrazia associativa, ecco la proposta: vivere due momenti di deserto, uno più personale, sulla propria vocazione a essere capo, e uno più centrato sui ragazzi, sul nostro sguardo su di loro in questo tempo, sui loro sogni oltre che sui loro bisogni.
Per il deserto stava al singolo scegliere se mettersi in strada, immergersi nella natura, dirigersi al parco più vicino o restare a casa. Nessun vincolo, nessuna forzatura, in modo da poter vivere nella maniera più confortevole il momento e adattarsi alle diverse e variegate situazioni.
E il confronto fra le diverse realtà territoriali? Ogni comunità capi è stata accoppiata a un’altra e, divisi a gruppetti, si è vissuto un momento di condivisione in videochiamata. E quello che si temeva – che non si parlasse fra “sconosciuti”, che non si riuscisse a condividere la dimensione della propria vocazione al servizio attraverso lo schermo – non è avvenuto! Anzi sono stati vissuti momenti molto intensi e profondi, che hanno stupito proprio perché inaspettati e preziosi.
A ogni comunità capi veniva poi lasciato il mandato di confrontarsi anche tra i propri capi, soprattutto sulla parte di deserto riguardante i ragazzi, e ognuno ha scelto il momento e il mezzo più consono alle necessità dei suoi membri. Qualche comunità ha camminato in parallelo per poi ritrovarsi alla Messa parrocchiale d’orario, qualcuno ha vissuto una Messa comunitaria ad hoc, qualcun altro si è ritrovato su Zoom o ha posticipato di qualche giorno la seconda condivisione.
“Prendetelo come un regalo per voi stessi, in questo tempo”, l’invito dei Responsabili di Zona e davvero, a giudicare dai feedback ricevuti, è stato così:
“Nella Messa di comunità capi, dalla condivisione, sono emerse testimonianze non banali, segno che le persone hanno lavorato…grazie” scrive un AE.
Un capo riflette “ci diciamo spesso che vivere la comunità è relazione non facile, ma oggi abbiamo visto che è solo un pregiudizio perché basta una telefonata e le idee circolano e diventano dono..”.
E ancora, “devo dire che questo deserto ci voleva proprio! È riuscito a farmi uscire dall’apnea del quotidiano e volgere i miei pensieri a un ‘gradino più alto'”.
Forse B.-P. quando parlava di equipaggiamento per il buono e il cattivo tempo non s’immaginava una pandemia, ma di certo si augurava che ogni scout sapesse fare i conti con la realtà e con la sua capacità “starci dentro” al meglio in ogni caso, con i propri limiti e le proprie risorse. E tornano allora alla mente le parole con le quali è iniziata la Dis-Assemblea, parole prese da Alberto Pellai e che vogliamo provare a fare nostre: “Questo è il tempo della pausa, della sosta, del sostare.. ma io ci so-stare?”.
Noi, come capi scout, sappiamo stare in questo tempo? Noi, insieme, ci abbiamo provato!
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