Sono passati 100 anni, 100 anni da quel 1922, quando alcuni pochi giovani rover modenesi, dopo i difficili anni della Grande Guerra, decisero di seguire le orme di sir. Baden Powell, che già nel 1907 aveva dato vita alle prime unità scoutistiche in alcuni sobborghi londinesi . Il loro valore, i loro ideali di servizio e di comunità oggi vivono nelle nostre divise, nei nostri fazzoletti e nei nostri gruppi. Dal ritorno in uniforme nel 1945, dopo la fine della seconda guerra mondiale, fino alla pandemia di Covid di questi ultimi due anni, Modena è stata casa di chi, con il fazzolettone al collo, vive la sua vita nel servizio. In migliaia, in questi primi cento anni, hanno indossato con orgoglio la loro uniforme, un tempo grigio verde militare ed oggi azzurra, con l’intento di mantenere i valori di fratellanza e pace della legge scout.
Per raccontare, infatti, la genesi del movimento nella nostra città, dobbiamo partire dal primo gruppo cittadino modenese: il Modena 1. Stanziatosi ormai più di 40 anni fa nella parrocchia di San Faustino, il Modena 1 vanta una storia lunga ormai 7 decenni. “Il gruppo è nato tra gli anni 50’ e gli anni 60’, quando le prime squadriglie, solo maschili, si sono ritrovate presso la parrocchia della Madonna Pellegrina, per poi spostarsi in altri quartieri, generando le comunità modenesi presenti tutt’ora” – ci ha raccontato Giacomo Baraldi, capogruppo del MO1 – “Da questi primi incontri il gruppo quindi ha iniziato a diventare sempre più grande, aumentando in maniera importante i suoi iscritti con la creazione dell’Agesci nel 1974. Fin dalla nostra creazione il gruppo si è sempre impegnato per mantenere una forte territorialità, promuovendo diverse attività di solidarietà ed assistenza nel nostro quartiere. Vogliamo, infatti, celebrare un centenario all’insegna di un Modena 1 capace di fare rete, pronto a spendersi per la comunità. Anche i colori del nostro fazzolettone, il rosso ed il grigio, sembrano ricordare questo nostro impegno decennale. La leggenda racconta infatti che le stoffe rosse dei primi fazzolettoni furono donate dalla croce rossa e che quelle verdi, diventate poi grigie dopo essersi scolorite, siano invece state ricavate da vecchie divise militari, forse partigiane. Per questo centenario ci stiamo dunque preparando, cercando di mantenere lo spirito di quei giovani esploratori, che si sono spesi prima di noi per chi non ha voce. Cerchiamo, infatti, di mantenere vivo il loro spirito di fratellanza, facendo, per esempio, attività non chiusi in parrocchia, ma nei parchi della nostra zona per combattere, con la nostra presenza, lo spaccio e la criminalità, infestanti a Modena. Vogliamo essere amici della comunità ed aiutarla come meglio possiamo.”
A ricordare i colori del fazzolettone scelti dalle prime unità modenesi (il rosso ed il nero) vi è invece il secondo gruppo più antico della nostra città: il Modena 2. Nato nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova, in zona Cittadella, tra il 1973 e 1974, il MO2 rappresenta un’importante realtà modenese di accoglienza. Attivo fin dai primi anni nel volontariato cittadino, ha vissuto e accolto il dinamismo di Padre Romano, per tanto tempo Assistente Ecclesiastico del gruppo, che ospitò i primi immigrati nella sua parrocchia, dando il via ad un impegno sociale che Il gruppo tuttora sostiene con la Caritas parrocchiale. “Il nostro è uno scoutismo fatto da persone comuni che hanno voglia di impegnarsi per gli altri.” Ci ha raccontato Chiara Ronchetti, capogruppo del Modena 2. “Ci piace essere scout con la camicia stropicciata e la nostra comunità si basa principalmente sull’accoglienza. Nel nostro gruppo tesseriamo infatti anche ragazzi di altre religioni, musulmani o cristiani non cattolici. Crediamo moltissimo nel valore della persona in sé ed in quello che ognuno può donare al nostro gruppo e poi, un giorno, alla società. Ognuno infatti ha del bene, come diceva Baden Powell “anche nel peggiore carattere c’è il 5% di buono” e noi siamo pronti a cogliere questa sfida affinché questo buono riesca a crescere in ogni persona attraverso l’esperienza di condivisione all’interno della nostra comunità. Accogliere tutti in ogni circostanza, andando anche oltre la fede politica, la religione professata o la diversità di genere è per noi un fondamento. Questo centenario lo vivremo quindi come un momento di festa, una vera e propria celebrazione dei principi del metodo educativo di Baden Powell e della fede in Gesù, che vede nella riscoperta degli ultimi la propria forza. Vogliamo quindi che questo centenario sia una vera e propria celebrazione dei dimenticati e la riscoperta di uno scoutismo umile e pronto a servire.”
Una piccola realtà cittadina, ma tra le più storiche della nostra città, se lo scoutismo modenese è riuscito ad espandersi anche oltre la Cittadella e San Faustino è proprio grazie al Modena 3. Nato nel 1975 presso il quartiere Sacca per volontà di Bartolomeo Giberti, e poi trasferitosi, per iniziativa di alcuni giovani capi, nel 1982 nella basilica di San Pietro, in cui fu parroco ed assistente clericale del gruppo per 20 anni Don Gregorio, purtroppo venuto a mancare di recente, il Modena 3 ha sempre cercato di portare avanti un metodo scout inclusivo ed attento. Un gruppo quindi tra i più antichi della nostra città che, da quasi cinquant’anni, con un periodo di pausa tra il 2000 ed il 2002 in cui il Modena 3 si fuse per necessità con il Modena 6 (Modena 36), è stato il gruppo di riferimento della periferia e poi del centro storico modenese. “La storia del Mo3 è sempre stata piuttosto travagliata, ma ogni volta siamo riusciti a portare nei quartieri in cui siamo stati uno scoutismo vero ed aperto a tutti.” Ci ha raccontato Dorina Cecconi, capogruppo del Modena 3. “Fino al 2002 infatti abbiamo vissuto dei periodi di difficoltà in cui il gruppo non fu addirittura censito per qualche anno, ma oggi ci sentiamo davvero uniti e pronti ad accogliere chiunque bussi alla nostra porta. Siamo infatti estremamente legati alla nostra terra e ci sentiamo orgogliosi di essere l’unico gruppo del centro, ma, allo stesso tempo, siamo stati da sempre “un porto” sicuro per tanti ragazzi di altre parrocchie modenesi o addirittura per scout di altre città, venuti a Modena per studiare o lavorare. Nella nostra comunità capi circa un terzo degli educatori non sono modenesi e secondo me questo arricchisce moltissimo il nostro “scouting”. Siamo infatti un gruppo piuttosto piccolo, ma ci siamo sempre fatti in quattro per aiutare il nostro quartiere, collaborando più volte con il Comune e con l’UNESCO, e non abbiamo mai smesso di guardare oltre il chiostro della nostra abbazia. Questo centenario sarà una festa di gioia e condivisione, per ricordare chi ci ha dato la possibilità di vivere in comunità ed in servizio la nostra vita.”
Rivisitazione di articoli di Pietro Gasparini di proprietà di “Gazzetta di Modena”
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