Il Papa ha chiesto di dedicare la giornata del 2 marzo alla preghiera e al digiuno per la pace. Riflettiamo insieme sul valore del digiuno e il suo significato in questa giornata particolare.
Noi siamo quello che mangiamo. Il cibo non è solamente il “carburante” del nostro organismo, ma esprime la nostra cultura, la nostra spiritualità, il nostro modo di stare nel mondo. Attraverso il cibo che assumiamo e secondo il modo in cui lo assumiamo, esprimiamo molto del nostro essere e delle relazioni che viviamo.
Il mangiare non soddisfa solamente un bisogno essenziale, ma spesso diviene il modo più immediato di soddisfate desideri, di trovare consolazione, di manifestare i nostri sentimenti (gioia e rabbia). Il cibo che assumiamo non soddisfa solo la fame naturale, ma – almeno simbolicamente – viene ad avere a che fare con molte altre fami che ci caratterizzano e che parlano di noi.
Vivere il digiuno per la pace non è un tributo che si paga a Dio per ottenere ciò che imploriamo, ma è un atto terapeutico che ci aiuta a riconoscere che ciò che genera la guerra è dentro di noi, ed è lì che dobbiamo chiedere al Signore di portare la pace. Se ogni uomo e ogni donna pacificherà il suo cuore, allora avremo speranza di pace.
Dal digiuno nasce anche la solidarietà e la fraternità per i fratelli e le sorelle che non hanno il necessario per vivere perché diviene condivisione dell’essenziale. Il digiuno mi fa sentire più uguale agli altri, mi consente di alzare lo sguardo per vedere il volto di coloro che hanno fame non per loro scelta, ma perché vittime di una mancanza di condivisione dell’essenziale.
Il 2 marzo, con tanti altri fratelli e sorelle, amici e amiche, vivremo una grande preghiera e il digiuno per la pace, perché sorga in noi stessi e nel mondo.
Don Andrea Turchini, A.E. regionale
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