Da qualche settimana che nelle nostre comunità cristiane sentiamo parlare di Sinodo, di metodo sinodale, di gruppi sinodali. A metà di ottobre, in ognuna delle nostre diocesi, si è vissuto un lancio del percorso sinodale e, da quel momento, in modo diverso, è partito un bel movimento che, sebbene un po’ complesso, si rivela come una grande opportunità.
Sabato 15 gennaio, abbiamo dedicato uno spazio di tempo all’interno del Consiglio regionale per confrontarci sul nostro impegno all’interno del Sinodo, per comprendere come questo percorso ecclesiale ci coinvolga e come ci interpelli.
Già da un confronto iniziale, i capi e le capo presenti al Consiglio regionale avevano ben chiaro quanto questa proposta rappresenti per tutti noi un’occasione per favorire un ascolto all’interno della Chiesa e una possibilità per cambiare dal basso alcune cose. Ascolto e cambiamento sono state le due parole più utilizzate.
Abbiamo poi cercato di approfondire brevemente quale sia la proposta che la Chiesa intende vivere con il percorso sinodale, raccogliendo alcune idee forti intorno ad alcune “triplette” che vengono proposte nei documenti ecclesiali pubblicati su www.camminosinodale.chiesacattolica.it. Esse riguardano i sentimenti (umiltà, disinteresse, beatitudine), lo stile (comunione, partecipazione, missione) e il metodo (incontrare, ascoltare, discernere). Anche i pericoli evidenziati possono essere racchiusi in una tripletta: formalismo, intellettualismo e immobilismo.
Un’attenzione che ha molto colpito i capi presenti al Consiglio è stata quella richiamata dal prof. Giovanni Grandi – chiamato ad accompagnare sul piano metodologico il cammino sinodale della Chiesa italiana – che ha messo bene in evidenza la differenza che esiste tra confronto sinodale e confronto democratico. Mentre il secondo ha come obiettivo il prendere delle decisioni, ma risulta di per sé divisivo (maggioranza vs minoranza), il cammino sinodale ha come obiettivo un ascolto reciproco e vero che alimenta la comunione in vista della missione.
Nel percorso sinodale ci sarà sicuramente un cambiamento, ma non attraverso un metodo democratico. L’esempio da tenere presente è quanto narrato nel capitolo 15 degli Atti degli Apostoli, in cui si racconta del primo grande confronto ecclesiale a fronte di una crisi importante che si era creata nella Chiesa. Dall’ascolto reciproco nasce una via per la missione che ha alimentato la comunione, evitando fratture.
Ma noi dell’AGESCI, chiamati a partecipare al cammino sinodale come tutti i credenti, cosa possiamo portare di nostro in questo cammino e quale contributo possiamo ricevere dal cammino condiviso con tutta la Chiesa? Su queste due domande si è aperto un ampio confronto in Consiglio regionale, che ha portato alcuni contributi molto interessanti che riportiamo in estrema sintesi perché possano essere condivisi nelle Zone e nelle comunità capi.
Al cammino sinodale come capi dell’AGESCI possiamo portare: la voce dei bambini, ragazzi e giovani e delle loro famiglie che non sempre si sentono parte della comunità cristiana; la concretezza tipica del nostro modo di stare nella realtà; il valore del femminile vissuto nella nostra associazione; l’esperienza della relazione tra laici e preti che viviamo nelle nostre comunità capi; le nostre esperienze fatte di gioco, avventura, strada e servizio; il nostro impegno per valorizzare il creato; la nostra attenzione alla dimensione politica dell’impegno educativo.
Dal sinodo possiamo anche ricevere molto, proprio in riferimento a quanto ci sta impegnando in questi tempi, indicato dalle SNI o da alcuni “cantieri” che ci stanno a cuore (educare alla vita cristiana, supporto al cammino di fede dei gruppi, accoglienza di ragazzi e ragazze di altre religioni, la scelta di annunciare, la formazione dei nostri capi, ecc..).
Il Consiglio ha individuato alcune opportunità che si aprono per noi partecipando al percorso sinodale: prima di tutto ci consente di riaffermare con forza il nostro essere parte della Chiesa e ci concede la possibilità di camminare insieme ad altri uscendo dal pericolo dell’autoreferenzialità che più volte abbiamo riconosciuto; questo cammino ci apre a un confronto condiviso per arrivare a una visione d’insieme senza passare necessariamente attraverso il confronto democratico; ci aiuta a ricuperare l’orizzonte della missione nel nostro impegno educativo di associazione di frontiera; ci aiuta a ricuperare la centralità della dimensione della fede nel nostro impegno educativo; in collegamento con le SNI, anche il Sinodo diventa una possibilità per vivere la cittadinanza attiva e la cura di relazioni autentiche.
Alcuni hanno avanzato anche proposte che nelle Zone e nelle comunità capi potranno essere valutate. Proprio in riferimento alle opportunità che il Sinodo ci presenta, le comunità capi potrebbero decidere di partecipare coinvolgendosi in gruppi misti, sia all’interno del territorio parrocchiale che in quello diocesano. Anche i nostri ragazzi e ragazze, in modo diverso, possono essere coinvolti in questo percorso perché si sentano partecipi di questo passaggio storico della vita della nostra Chiesa.
Sinodo è comunità e strada, due termini importanti per la nostra esperienza: non possiamo non sentire come rivolta a noi questa proposta che è per tutta la Chiesa.
Scarica le slide di presentazione.
don Andrea Turchini
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