La festa di Pentecoste non si capisce bene cosa aggiunga alla Pasqua. Se la vicenda di Gesù fosse una storia di quelle narrate nei film, con la Pasqua ha già vinto, il capovolgimento delle sorti è già avvenuto: lui che è stato maltrattato e ucciso, miracolosamente, grazie a un intervento particolare di Dio, è risorto dalla morte e ha vinto. Se fosse una storia da raccontare potrebbe finire qui.
Ma la storia continua perché il vero obiettivo della venuta di Gesù, della sua missione, della sua morte e risurrezione era quello di renderci partecipi della sua relazione con il Padre, di consentirci di vivere da figli di Dio.
Durante la sua predicazione ci ha parlato di cosa significhi essere figli, ma dopo la risurrezione, con il dono del suo Spirito, ci consente di vivere fin da ora da figli, donandoci quella capacità di amare che non si può ridurre a un atto morale (lo faccio perché è giusto e bello), ma che deve per forza partire dalla partecipazione di un dono che ci viene concesso da Dio, perché noi da soli non ne saremmo capaci.
Nel giorno di Pentecoste viene effuso lo Spirito santo che consente a coloro che lo ricevono, di vivere da figli di Dio e, quindi, da fratelli e sorelle tra loro.
Lo Spirito è un nuovo soffio di vita che ci consente di vivere liberi dalla inimicizia causata da peccato e capaci di una nuova fraternità fondata sull’esperienza di viere da figli di Dio.
In questo giorno di Pentecoste riceviamo con gioia il dono dello Spirito perché ci conceda di vivere da figli di Dio e da fratelli con tutti.
don Andrea Turchini A.E. regionale e Rettore Seminario Regionale Flaminio
Foto di Chiara Violani, Faenza 3
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