Alluvione nel modenese, l’esperienza di servizio di Elena Trenti

“Dopo le nubi splende di nuovo il sole. Che la vostra nube particolare sia tristezza o dolore o ansietà, il sole della felicità verrà di nuovo su di voi se prenderete al meglio la situazione quando i tempi sono duri”. 

Robert Baden-Powell

Questa è la frase che più ho tenuto nel cuore durante questi intensi giorni di servizio, anche nei momenti che più ci spaventano rimbocchiamoci le maniche e rassereniamo la mente, tempi migliori stanno per giungere!

Mi presento, sono Elena Trenti, ho 21 anni e da poco più di un anno e mezzo ho partecipato all’EPPPI di Protezione Civile AGESCI, convinta che il mio servizio non si sarebbe limitato all’evento, ma che avrei continuato a dedicare il mio tempo alla Protezione Civile anche dopo la Partenza… e così è stato!

Dovete sapere che, per quanto entusiasta delle novità e pronta a mettermi in gioco, sono sempre stata una persona che “pensa tanto”, o meglio dire che “immagina troppo”. Prima di ogni scelta, grande o piccola che sia, facile o difficile, sono abituata a farmi il quadro della situazione, dei possibili scenari, e talvolta anche di quelli veramente improbabili, che si andranno a creare, dei rischi, degli inciampi, insomma, di tutte le conseguenze in cui potrei incorrere. Capirete bene la mia onesta sorpresa e il mio cadere dalle nuvole quando per la prima volta ho capito che ci trovavamo di fronte a una pandemia!

Non è il mio intento quello di parlarvi dell’emergenza sanitaria, ma ho voluto in qualche modo ricordarla per sottolinearne la costante presenza, la difficoltà aggiunta, le cure e attenzioni particolari che tutti i volontari hanno dovuto tenere bene a mente durante questa ulteriore emergenza per non mettere a rischio loro stessi e le persone amate durante il servizio.

La mia esperienza con l’emergenza alluvione è iniziata sabato 5 dicembre, mi è stato semplicemente chiesto di aiutare nel monitoraggio argini del mio territorio la mattina successiva. Ho immediatamente pensato che non sarebbe stato un grosso problema, anche se per me sarebbe stato un compito nuovo avrei fatto affidamento al mio capo pattuglia e avrei potuto dare una mano per quanto concessomi!

Ma più la mattina di servizio si avvicinava più continuava a piovere e di conseguenza ho iniziato a preoccuparmi. Come sarà là fuori? Se chiamano anche noi AGESCI avranno davvero bisogno di tutte le forze schierate, ce la farò? Cosa dovrò fare? Come faccio a mantenermi calda? Cos’ho in casa di veramente impermeabile? Quanti thermos ho in giro?!

Queste sono state le domande che non mi hanno lasciata dormire fino alla sveglia… 4.30 di un 6 dicembre nero come la pece, non capisco se stia ancora piovendo o meno, ma prendo coraggio e abbandono il mio letto.
Poco dopo arriva una chiamata da parte del mio capo pattuglia, mi tranquillizza dicendomi che non siamo stati attivati e posso tornare a dormire.

Per un attimo mi sento più serena, penso che se non siamo stati attivati vorrà dire che forse non c’è così tanto bisogno, che la situazione non è così grave come temevo. Poco dopo però il telefono suona di nuovo, di nuovo il capo pattuglia che mi avvisa che c’è bisogno di noi ed è ora di andare! Mi vesto come se dovessi imbarcarmi su un peschereccio e mi avvio per il più spaventoso viaggio in macchina della mia vita.

Per raggiungere il mio luogo di monitoraggio argine ho trovato ponti e vie chiuse, decine di mezzi di soccorso e tanta acqua sulla strada… ancora non sapevo nulla della rottura dell’argine, ma iniziavo a intuire che il mio servizio non sarebbe finito lì!

A Ponte Alto mi attendeva Lello, il capo pattuglia e referente, e subito siamo partiti per monitorare l’argine del Secchia, un punto tranquillo che potevamo gestire da soli.

Appena visto lo stato del fiume mi sono spaventata moltissimo e ho pensato che non fosse un “punto tranquillo”, benché la situazione dalle nostre parti fosse sotto controllo il paesaggio era irriconoscibile, l’acqua era davvero alta e sommergeva ogni cosa. Era lì, a meno di un metro da noi e mi faceva sentire infinitamente piccola e inerme.

Lello, avendo intuito il mio stato d’animo, anche se in parte celato dalla mascherina, con un sorriso mi ha tranquillizzata e riportata lì, a quello che potevamo fare, nella misura in cui ci era stato chiesto di agire e subito l’ansia di ciò che sarebbe potuto succedere è stata sostituita da quello che io potevo fare in quel momento!

Durante il monitoraggio ci sono arrivate le ultimissime notizie da parte degli altri volontari, l’argine del Panaro si era rotto proprio nei pressi del comune del mio Gruppo di appartenenza. Le autorità competenti erano già all’opera, ma è stato necessario evacuare tante famiglie di Nonantola e serviva l’aiuto scout per accogliere gli sfollati nelle palestre.

È iniziato così il mio secondo giorno di servizio! A mezzanotte del 7 dicembre, insieme ad Anna, Mario, Silvia, Matteo e Carolina, ho prestato servizio di accoglienza presso il Palazzetto dello Sport di Castelfranco Emilia.

L’ambiente familiare e i miei compagni di strada hanno reso sicuramente questo servizio meno pesante, soprattutto dal punto di vista emotivo! Anche se la palestra era vuota, il pensiero alle famiglie era presente, le immagini dei vari reportage più vivide che mai e più volte durante il nostro turno mi sono fermata a chiedermi se tutti avessero trovato un rifugio, anche non necessariamente quello che avevamo preparato per loro, purché fosse un posto sicuro.

Tra una confidenza, un gioco a distanza e un po’ di riposo per turni la notte è passata e altri volontari ci hanno dato il cambio allo scoccare delle 6 di mattina.

Qualche giorno dopo, insieme ad altri volontari, ci siamo resi disponibili per il servizio di distribuzione pasti ai nonantolani tornati al loro domicilio.

Per tanti acqua, luce e gas erano ancora servizi non disponibili che non facilitavano drenaggio e pulizie della casa. Dopo tanti giorni, siamo stati chiamati a fare quello che sappiamo fare meglio, stare con le persone e confortarle!

Ciò che più mi è rimasto in mente sono le vie delle città. Al buio della sera, girando per i quartieri, era difficile distinguere singolarmente gli oggetti, ma impossibile ignorare le cataste di mobili, elettrodomestici e ricordi personali che avevano invaso le vie del paese.

Nonostante il contesto, le persone ci hanno accolti a braccia aperte, recitando milioni di ringraziamenti ogni qual volta abbiamo portato la cena a qualcuno. In quel momento, seppur facendo poco, capisci che stai cambiando in meglio la giornata di una persona, che i piccoli gesti fatti con il cuore contano più di tanto altro e di quanto sia bella la comunità che ci abbraccia in ogni momento.

L’emergenza ora è rientrata e il nostro servizio è sospeso, possiamo goderci il sole sbucato dalle nubi, ma rimaniamo sempre pronti a offrire soccorso con un sorriso sulle labbra!

Elena Trenti

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