Vita di famiglia, vita di servizio: 37 giorni alla Casa della Carità di Novellara

Ciao a tutti, sono Luca capo reparto del Reggio Emilia 1. Prima di raccontarvi la mia esperienza di servizio credo sia necessario fare una premessa: nel corso del 2019, dopo essermi laureato alla magistrale di Scienze Agrarie a Bologna, ho fatto l’esperienza del servizio civile con la Caritas Diocesana di Reggio Emilia.

Ho svolto la mia esperienza di servizio civile nel progetto periferie in rete, che abbracciava la realtà della Casa della Carità di Novellara (RE). La Casa di Carità è luogo di ospitalità in cui ognuno può sentirsi accolto, non dimenticando che, come amava ricordare don Mario Prandi, fondatore delle Case della Carità, sono gli ospiti a ospitare noi. Nel vivere come una “famiglia allargata” si fa esperienza di condivisione nel quotidiano, nella gratuità e nell’affidarsi gli uni agli altri reciprocamente.

Nell’ambito dell’attivazione AGESCI la nostra Caritas Diocesana, tra i vari servizi messi in campo, ha richiesto la disponibilità di giovani che potessero andare a “stare h24” all’interno di una Casa della Carità per un periodo di almeno 2 settimane, per aiutare nell’assistenza agli ospiti e nella vita di casa. Per cui, anche nell’intento di voler restituire ancora un po’ di quanto avevo ricevuto nel mio anno di Servizio Civile, ho pensato di rendermi disponibile per questo servizio.

Sono rimasto in Casa di Carità dal 29 marzo al 5 maggio e quanto mi era richiesto nell’ambito del mio servizio credo si possa riassumere così: “Un po’ di tutto e quello necessario”. Nel senso che, oltre l’assistenza agli ospiti, vivendo come una grande famiglia le cose da fare in casa sono sempre le stesse, solo tutte un po’ più in grande.

La ricchezza di questo mio tempo trascorso in Casa della Carità a Novellara credo sia stata nel vedere e toccare con mano ogni giorno come ognuno di noi, ospiti compresi, facesse la propria piccola, ma necessaria, parte per la “vita di casa”. Compresi gli “amici e volontari” della Casa, che “da fuori” non ci facevano mancare la loro vicinanza cucinando piatti deliziosi e procurandoci sempre quanto necessario.

Tra le tante cose che ho portato a casa nel mio zaino da questa esperienza quella più preziosa e senza dubbio la bellezza di “vivere”, l’affidarsi gli uni gli altri e tutti insieme affidarsi al Signore. Affidarsi richiede di porsi con fiducia, pazienza e ti chiede di “starci dentro”: mettendosi in ascolto e in relazione, creando legami e non avendo timore di mettersi in discussione. Soprattutto nei momenti di fatica e nei momenti di difficoltà, dove forse sarebbe più facile girarsi dall’altra parte e lasciare fare ad altri.

Tante volte però per “starci dentro” non c’è bisogno di tanti gesti o parole, basta semplicemente fermarsi e mettersi accanto. Ed è in questo sostare, in questo rimanere accanto che ho trovato la pienezza di questo affidarsi gli uni gli altri.

Luca Chiriatti – Reggio Emilia 1

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