Dalla Romagna al Marocco, servire per superare gli stereotipi

Al centro della nostra route c’è stato l’incontro con gli altri, il desiderio di aprirci alla conoscenza di qualcosa al di fuori della nostra normalità. Abbiamo iniziato questa ricerca fin da subito, nei nostri primi giorni in Marocco, in particolare a Rabat, dove abbiamo cercato di comprendere la quotidianità di quattro ragazzi provenienti da parti più povere dell’Africa che erano aiutati e accompagnati da un prete cristiano che ci ha guidati per la città. Ci hanno raccontato del loro desiderio di raggiungere l’Europa e della difficoltà data dalla presenza della polizia sul confine con la parte spagnola del Marocco. È stato un racconto importante, costellato e appesantito da quella che a noi è parsa pura cattiveria da parte di noi europei, che respingiamo queste persone in difficoltà con violenza e senza compassione. La perseveranza di questi ragazzi della nostra età è stata una spinta forte per iniziare il nostro cammino all’interno della realtà marocchina.

Ci siamo poi spostati nel villaggio di Tiznirine, cuore e obbiettivo della nostra route, dove fin da subito siamo stati accolti nel modo più caloroso possibile, con canti, balli e tanta gioia. La loro povertà ci ha colpiti, ma ancora prima di notare le rovine delle case in lontananza o le tende in cui erano costretti a dormire, abbiamo visto la loro felicità nel vederci con loro e la forza di una comunità fiera e unita. Tiznirine è un villaggio nel Comune di Talgjount, provincia di Taroudant, nel versante sud dell’Atlante che a settembre 2023 è stato colpito da un forte terremoto, che ha distrutto la maggior parte delle loro case. Lo stato si è mosso velocemente per aiutarli, fornendo fondi, ma la quantità di denaro è comunque insufficiente per garantire un tenore di vita che, per quanto in ogni caso noi potremmo trovare basso, si avvicini a quello che avevano prima del terremoto.

Il nostro compito qui doveva essere quello di aiutarli nella costruzione di un pozzo, ma a dire il vero il nostro aiuto è stato molto simbolico. Pensiamo che il vero motivo per cui ci avevano voluti li con loro fosse davvero più psicologico che fisico. Abbiamo ritrovato nelle persone che ci hanno accolto un animo gentile, voglia di compagnia e di imparare qualcosa di nuovo sul mondo, che non fosse solo chiuso fra le montagne in cui vivevano. Abbiamo fatto amicizia con i bambini e con gli adulti, siamo entrati davvero nello spirito di condivisione che ci hanno voluto trasmettere. Abbiamo spesso pregato proprio concentrandoci su questi aspetti della quotidianità che stavamo vivendo, riflettendo su come la loro povertà avesse davvero aperto il loro cuore a una ricerca di una vita sincera e reale. Gli ultimi giorni abbiamo conosciuto persone nei mercati e negli alloggi in cui stavamo. Ma più di tutti ci sono rimasti impressi i beduini, conosciuti durante la notte passata nel deserto.

Abbiamo cercato Dio durante questa route, parlandone fra di noi o tenendolo in segreto, e l’abbiamo trovato nel nostro rapporto con gli altri, sia all’interno del clan, ma soprattutto, nella cornice in cui ci trovavamo, nelle relazioni con i ragazzi al villaggio, nei venditori per strada, negli artigiani che ci hanno mostrato il loro mestiere; ognuno ci ha raccontato qualcosa di sé e facendolo ci ha trasmesso molto più che una semplice storia.

Parola ai ragazzi:

Com’è stata la prima impressione di questa realtà così diversa?

“Conoscere una realtà così povera e quasi dimenticata è stato d’impatto, in quanto seppure io fossi preparato all’idea era comunque diverso da come me lo ero immaginato”. Nicolò Piccardi

“Non sapendo cosa immaginarmi di una realtà così lontana dalla mia, è stato un continuo scoprire e apprendere. Sin da subito mi sono trovato immerso in un mondo completamente nuovo: il vociare vivace del mercato, i colori caldi delle spezie e delle stoffe, e il profumo di tè alla menta che si mescolava all’odore di polvere delle strade. Mi sentivo spaesato, ma allo stesso tempo affascinato dalla cultura che mi circondava. La curiosità superava il timore e ogni dettaglio sembrava raccontare una storia”. Marco Foschi

“Quella del Marocco è una realtà distante dalla nostra, molto più di quanto già non si pensi o mi aspettassi io. Mi ci sono dovuta abituare pian piano, esplorando tradizioni e costumi, legati anche alla diversa religione, ma la calorosa accoglienza che ci è sempre stata riservata mi ha davvero colpito e fatta sentire nel posto giusto”. Emma Severi

Perché pensi che tutti dovrebbero sperimentare un viaggio di questo genere?

“Perché mostra una realtà di cui si sa veramente poco, se non nulla. Viaggi come questo, in cui si incontrano volti nuovi e soprattutto una cultura nuova, magari anche discriminata nel proprio paese d’origine, fanno comprendere meglio di una lezione di storia o geografia che non esiste solo la nostra piccola bolla e specialmente che non bisogna giudicare un libro dalla copertina. Il Marocco e la sua gente hanno spalancato le braccia per un grande abbraccio che ci ha trattenuti dal giorno dell’atterraggio e che tutt’ora resta appoggiato a noi. L’accoglienza, la gentilezza, l’umiltà di questo paese e dei suoi abitanti mi hanno portata a riflettere molto su come agisco, penso e vivo la mia vita e sull’opinione completamente errata che molte persone hanno su questa cultura. Pertanto, vorrei che tutti si impegnassero a conoscere il Marocco e il suo popolo, in modo che vengano mostrati per come realmente sono, unici”. Sofia Albini

“Perché si tratta di un’occasione di incontro profondo. Non mi sono mai ritrovata in un contesto culturale così diverso dal mio dove allo stesso tempo ho sentito un senso di appartenenza altrettanto forte in quanto essere umano. È un’esperienza che prevede tanti paradossi e lascia nella testa tante domande, ma è proprio questo insieme di riflessioni che permette a ciascun individuo di ampliare la propria apertura mentale”. Alice Zaghini

“Perché una volta tornati ti rimane impresso. Non è come una solita vacanza di cui ti rimane solo un bel ricordo, ma è proprio un’esperienza a cui associ nomi, volti, voci, sorrisi, giochi, balli, e tanto altro. È qualcosa che ti fa cambiare prospettiva e punto di vista, almeno per un po’. Penso che tutte le persone disposte alla conoscenza di un mondo nuovo e diverso dal proprio dovrebbero affrontare un viaggio simile, per poter essere più consapevoli di quello che ci sta attorno e per comprendere che le differenze non allontanano, ma possono essere motivo di unione e arricchimento reciproco”. Emma Albini

Quale valore, nuova prospettiva o modo di pensare ti ha lasciato questa esperienza?

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