Conosciamo santa Caterina da Siena

Santa Caterina da Siena vissuta tra il 1347 e il 1380, è passata quasi di corsa, in mezzo a una umanità benestante e creativa, ma anche frammenta e sofferente tra pretese, scontentezze, lotte e rivalità, e disuguaglianze.

Fa parte di una famiglia che ha le dimensioni di un reparto scout, ventiquattresima di venticinque figli!

La sua vita spesa con generosa intensità le ha procurato particolari riconoscimenti: scelta come patrona d’Italia insieme a san Francesco d’Assisi, interessante “coincidenza”, due santi giovani a custodia e stimolo per un Paese che proprio giovane non è, ma che rispetto ai giovani sta sempre più cercando di farsi carico e “vanto”. Co-patrona di Europa con santa Benedetta della croce, santa Brigida e i santi Cirillo e Metodio; e infine è dottore della Chiesa, lei illetterata.

Fin da piccola Caterina comprende che ciascuno deve essere se stesso e nessuno sarà mai fotocopiabile. Che Dio incontrato nella persona di Gesù, ha messo nella sua come nella vita di ogni uomo e donna al mondo, quella luce che rende più luminoso il mondo. E che se ciascuno si dona per quello che è, attraverso lui o lei il Signore farà cose preziose per la vita di tanti.

Per lei i genitori prospettavano un conveniente matrimonio, ma a soli 12 anni Caterina aveva già scelto nel cuore di avere Gesù come solo unico e splendido sposo.

Con semplicità e fantasia, Caterina cercava piccoli nascondigli per poter parlare con Gesù e custodiva tempi e modi speciali per dire a Lui il bene che sentiva ricevere e che voleva ricambiare a Lui e contagiarne tutti.

Il babbo si accorge che per Caterina non era un gioco la compagnia con Gesù e iniziò ad appoggiarla e a favorirla nelle scelte quotidiane. Nel 1363, a soli 16 anni, Caterina riesce a entrare nelle Terziarie domenicane, cosi dette mantellate, donne che si dedicavano a opere di carità e si raccoglievano in preghiera ogni giorno nella basilica di San Domenico.

Caterina riteneva che assistere gli ammalati e i poveri, fosse un modo concreto per incontrare e servire il Signore, così prestava ai malati un servizio di vicinanza presso l’ospedale di Santa Maria della Scala, con particolare cura per quelli che nessuno assisteva, o perché non avevano parenti, o perché erano afflitti da malattie contagiose. Questa sua attività durò per mesi, specialmente in tempo di epidemie, allora molto frequenti e micidiali; il suo esempio cominciò a essere imitato da altre Mantellate della sua fraternità.

Nell’ottobre del 1370 i suoi fratelli e il babbo si trasferiscono a Firenze così la sua famiglia si sfaldò, solo la mamma Lapa restò a Siena vicino a Caterina.

Attorno a Caterina ben presto si formò una “Bella brigata”, uomini e donne che la seguivano, che si accostavano a lei nella preghiera, nelle attività caritative e anche nella corrispondenza che gente di ogni parte intratteneva con lei.

Nei suoi scritti, toccò tutti i punti della teologia: la Trinità, Gesù Cristo, la Chiesa, i sacramenti, il sacerdozio, i religiosi, la famiglia, la vita spirituale.
Proprio la corrispondenza con lettere scritte sotto sua dettatura sono state mezzo e strumento di quello che Caterina sentì come altra sua missione speciale, portare ed indurre alla pace. Quietare, ma anche incoraggiare e spronare il coraggio per la giustizia e la pace.

Caterina cercò di riportare la pace in seno alle famiglie e alle città: fu intermediaria di pace a Pisa e a Lucca, fra il Papato e la città di Firenze, e a Volterra riuscì a sedare gli odi fra due famiglie, una guelfa e una ghibellina.

Inviata ad Avignone come ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI, dà al pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377.

“SE SARETE QUELLO CHE DOVETE ESSERE METTERETE FUOCO IN TUTTO IL MONDO”. Queste sue parole potrebbero essere il suo motto, il suo augurio e anche il motivo per cui chiederle vicinanza dal cielo.

Ciascuno possa realizzare la propria vita, possa sentirsi nei panni che più permettono di essere quel pezzetto di cuore per cui è stato inventato, gioioso e generoso di “consumarsi” per fare più bello il mondo.

Suor Maria Chiara Mondardini, Gruppo Santarcangelo 1

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