Quando andavo alla scuola elementare, con grande enfasi, la maestra ci raccontò di un celebre incontro avvenuto a Teano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, re d’Italia: di fronte all’ordine dato dal Re, Giuseppe Garibaldi, con grande senso del dovere, avrebbe risposto semplicemente “obbedisco!”, nonostante, per la sua grande esperienza militare, fosse contrario alle posizioni esposte dal Re.
Mi è venuto in mente questo episodio quando sono andato a rileggere il testo del vangelo dell’Annunciazione (Lc 1,26-38), e mi sono chiesto: l’accoglienza di Maria all’invito dell’angelo e stata dello stesso tono di quella di Giuseppe Garibaldi? Il suo AMEN (la semplice parola ebraica che sintetizza la perifrasi riportata dal Vangelo: “Sia fatto di me secondo la tua parola”) ha lo stesso valore dell'”obbedisco” di Garibaldi?
Di Maria dovremmo ammirare il senso del dovere e di distacco da sé come faremmo nel caso di Garibaldi?
La cosa può far sorridere (e sarebbe anche bene farlo ogni tanto), ma il rischio di fraintendimento è molto grande. Perché Maria ha pronunciato il suo “Amen!”? E con quale atteggiamento?
Maria è una giovane donna credente, che riconosce e sa che il Signore è buono e il suo amore è per sempre (Sal 117). Maria, giovane donna di fede, sa che Dio non usa le persone per i suoi scopi, ma che, quando le chiama a collaborare con lui, riempie di benedizioni la loro vita. Maria è una giovane donna di speranza e, con tutto il suo popolo, attende il compimento delle promesse di Dio e comprende che Dio la chiama a diventare madre di colui che sarà il Messia promesso (Is 7).
Maria è una giovane donna che si fida di Dio e non teme di porre la sua vita nelle Sue mani, perché sa che il Signore la custodisce anche quando si passa per valli oscure (Sal 23).
Quello che celebriamo nella festa dell’Annunciazione è la totale libertà che Maria ci testimonia nel mettersi nelle mani di Dio. Il suo “Amen” libero e consapevole, non esprime primariamente la rinuncia a se stessa, ma la totale e fiduciosa adesione a una proposta che anche lei riconosce come buona e che le consentirà di diventare la “benedetta tra tutte le donne” (Lc 1).
Penso che tutti noi, quando pronunciamo i nostri “Amen”, sia nella preghiera che nella vita, vorremmo assomigliare più a Maria che a Garibaldi.
Penso ai nostri ragazzi e ragazze che pronunciano la loro Promessa e spero che siano consapevoli che quel gesto, vissuto con tanta emozione, corrisponde alla scelta di una vita piena e bella.
Penso ai nostri rover e alle nostre scolte, che vivono la Partenza dai loro clan e fuochi, e spero che quelle scelte che – come affermano in quel passaggio – caratterizzeranno il loro cammino, esprimano la fiducia di aver scelto un modo bello di spendere la loro vita, seguendo le orme di Gesù, al servizio dei fratelli e delle sorelle, per rendere il mondo un po’ migliore.
Penso ai capi e alle capo che, entrando in comunità capi, “firmano” il Patto Associativo e aderiscono alle scelte che l’AGESCI richiede a coloro che riconoscono e vivono la loro vocazione di educatori scout in questa associazione, e spero che il loro “Amen” di uomini e donne adulti esprima quella gioia, quella fiducia e quella speranza, che Maria, nostra Sorella e nostra Madre ci testimonia accogliendo la proposta che Dio le rivolge con le parole dell’angelo Gabriele.
La verifica sarà presto fatta e la si vedrà nella nostra vita. Se sapremo esprimere la gioia che Maria ha danzato nel Magnificat (Lc 1), non perché non avremo particolari problemi, ma perché, anche in mezzo alle difficoltà ci considereremo delle persone “benedette da Dio” per la chiamata che ha voluto rivolgerci, allora il nostro “sì” avrà lo stesso tono di quello di Maria.
Se invece in noi prevarrà un senso di fatica, il senso dell’essere stati espropriati della nostra vita per corrispondere alle esigenze del servizio; se per “senso del dovere” non ci sentiamo di non poter dire “no” perché c’è bisogno, ma ci sentiamo dei costretti e dei forzati.
Allora è il tempo di fare una verifica perché, per quanto che ci riguarda, noi non verremo considerati degli eroi, non ci verranno date delle medaglie e la nostra camicia continuerà a essere azzurra e non diventerà mai rossa. Inoltre corriamo il rischio che ci cresca una lunga “barba” indesiderata, che non a tutti dona.
don Andrea Turchini A.E. regionale e Rettore Seminario Regionale Flaminio
PS. A proposito, lo sapevate che noi ogni volta che andiamo a messa ripetiamo il nostro “amen” per ben 12 volte? Se vi interessa approfondire l’argomento, potete leggere questo bel libro della mia amica suor Laura Cenci: 12 amen per dire la fede.
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