È un sabato sera come tanti altri, anche se, a dire il vero, non ne sono più nemmeno tanto sicuro. In quarantena tutti i giorni si assomigliano e insieme al tempo si annebbiano anche le nostre sicurezze e le nostre prospettive. A un tratto, lo schermo del mio cellulare si illumina. È la Responsabile di Zona. “Ti andrebbe di fare da caposquadra nelle operazioni di imbustamento e di consegna delle mascherine?”.
Dopo diverse settimane di inattività potrebbe essere faticoso, ma alla fine siamo tutti sulla stessa barca, e anche io ci sono già dentro. “Va bene”, rispondo lapidariamente. E in pochi istanti prende il via il classico giro di messaggi e di chiamate.
Così mi trovo a coordinare un gruppetto di capi e ragazzi in uno dei vari quartieri di Bologna. Tutti insieme dobbiamo imbustare mascherine, due alla volta, per gli over 75 della città. Io, in particolare, devo controllare che il tutto si svolga secondo le disposizioni igienico-sanitarie. Benché mi spezzi il cuore dover intimare a qualcuno l’impossibilità di lavorare con le maniche rimboccate, le maniche “tirate su” per noi sono un’attitudine mentale, il lavoro procede bene e speditamente, e si conclude prima del previsto, tanto da permetterci di cominciare le consegne già il giorno seguente.
Sono molti gli anziani che, per via di qualche passaparola o articolo di giornale, generosamente ci aspettano, non appena suoniamo i loro campanelli; eppure noi, non potendoci avvicinare troppo, ci limitiamo a mettere le buste sigillate nelle buchette delle lettere e a salutarli con la mano da lontano. Tra incessanti telefonate, continue disponibilità da reperire e solenni aggiornamenti serali in videoconferenza con i vari referenti, in appena tre giorni di servizio terminiamo di distribuire le mascherine su tutto il quartiere assegnatoci.
Alla fine dell’ultima giornata torno a casa stanco, ma felice: finalmente potrò staccare per un po’ il cellulare. Non faccio in tempo a pensarlo che si illumina di nuovo. Sono stato attivato per la consegna di una spesa, il pomeriggio successivo. Estote parati, dopotutto, è un imperativo. Ma è anche il bello dello scautismo. Il coronavirus potrà metterci in crisi su tante cose, ma finché ci saranno le relazioni, non dimenticheremo certo la nostra Promessa.
Paolo Beccari – Bologna 16
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